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Non so come dirtelo. Ma provo così.

Non so spiegare bene cos’è successo giovedì sera.

O meglio: lo so, ma non riesco a trovare parole abbastanza semplici da contenerlo.

Perché è stato qualcosa che non si può spiegare. Si può solo sentire.


Giovedì 17 luglio, alle 21, è iniziato il primo incontro di magnAnima.

Non un corso, non una performance, non un contenuto. Un momento.

Un tempo insieme, aperto, fragile, vero.

Una serata nata da una fame che conosco da sempre: quella di bellezza viva, di parole che non servano a spiegare, ma a toccare.Una fame di comunione, senza sforzo.


E quella fame — lo so — non è solo mia.

È la stessa che portano negli occhi le persone che ho incontrato quella sera.Alcune non le avevo mai viste prima.

Altre invece sì: le conoscevo eccome. Ma anche con loro, ci siamo incontrati da un’altra angolazione.

Come se, in quel tempo sospeso, si fosse aperto uno spazio nuovo, dove riconoscersi più in profondità.Più che conoscersi, ci si è visti. E per me questo vale tutto.


Ho condiviso le parole che mi abitano da anni.

Ho letto testi che tengo nel cuore come reliquie vive.

Abbiamo attraversato immagini, ascoltato voci, lasciato che il silenzio ci facesse spazio.

E io non stavo guidando. Ero dentro anch’io, con tutte le mie crepe. Non ho nascosto niente.

E non mi sono sentito solo. E questa cosa, da sola, basterebbe.


Il giorno dopo, ho chiesto, con discrezione. Tre domande, in un form, un modo gentile per restare in ascolto:

  1. Cosa ti porti via da questa serata?

  2. Cosa ha acceso in te questa esperienza?

  3. Se qualcuno ti chiedesse: “Cos’è magnAnima?”, cosa gli diresti?


Non cercavo risposte perfette. Volevo solo sentire se la bellezza si era posata, se aveva lasciato tracce.

E sono arrivate parole che mi hanno aperto il petto.

“Ho nutrito la mia Anima con Bellezza.” “Si è riaperto un rubinetto in me che era chiuso da tempo.” “Mi porto via lo stupore. La meraviglia del cuore. Che si era un po’ addormentato.” “Un cesto di doni inattesi.” “Un modo per cercare dentro senza farsi male.” “Un respiro sospeso nel tempo.”

Non riesco a dire cosa hanno fatto a me, queste frasi. So solo che mi sono sentito in pace.

Non “soddisfatto”. Non “orgoglioso”.I n pace. Come quando qualcosa si è compiuto, anche se non sai dargli un nome.


E allora oggi, scrivendo, dico grazie.

A chi c’era. A chi ha portato la propria sensibilità, senza difese.

A chi ha sentito di potersi abbassare il tono, smettere di spiegarsi, e restare lì. Con me. Con sé.

Con quell’intimità rara che succede quando ci si accoglie senza fretta.


Non so ancora quando ci sarà il prossimo. Ma so che ci sarà. Perché non posso non rifarlo.

Non dopo quello che abbiamo vissuto. Non dopo quella fame condivisa, che ora so di non essere l’unico a sentire.


Se anche tu hai questa fame —di bellezza, di verità non rumorosa, di parole che aprono invece di stringere —allora magnAnima ti riconoscerà. E quando succederà di nuovo, saprai che è per te.

Filippo

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